HomeDREAMIl Giornale (Italia) – Rijoise, la neonata che ha sconfitto il virus nel regno dell’Aids
06
Mag
2006
06 - Mag - 2006



di  Nino Materi

nostro inviato a Lilongwe (Malawi)

Alice Mungomo ha 24 anni, ma ne dimostra la metà. Ha in braccio la figlia di 4 mesi: Rijoise, che significa «fiore di luce». Alice sembra una bambina che coccola il suo bambolotto. La mamma col viso sorridente e il corpo esile di un’adolescente custodisce un bigliettino; sul foglio c’è una specie di scarabocchio. È una frase di Tagore: «Ogni piccolo che nasce ci dice che Dio non si è ancora dimenticato di noi».
«Me lo ha dato il ginecologo dell’ospedale di Lilongwe – racconta Alice -, da allora lo porto sempre con me. È il portafortuna mio e di Rijoise». Di fortuna ne hanno bisogno entrambe: Alice e suo marito sono sieropositivi, Rijoise è sana ma va tenuta sotto terapia. Intanto beve il latte della mamma. Dio non si è dimenticato di loro e ha permesso che un «fiore di luce» sbocciasse nell’arido giardino di Aids City.
A Lilongwe, capitale del Malawi, il virus Hiv miete infatti più vittime che in qualsiasi altra parte del mondo. In questo che è uno dei 15 Stati più poveri del mondo l’emergenza-sieropositività ha dimensioni da piaga biblica: 70mila morti all’anno; 500mila orfani per Aids; un solo pediatra per l’intero Paese e un rapporto medici/popolazione di un dottore per 94mila abitanti. Se poi consideriamo che l’80% dei 12 milioni di residenti in Malawi vive in sperduti villaggi dell’Africa sub-sahariana, si capisce come qui l’esistenza prescinda completamente dal concetto di sanità. La malattia rischia così di assumere i contorni di un evento naturale a cui è «inutile» tentare di opporsi. Per abbattere questo senso di rassegnazione è sorto «Project Malawi» voluto da Banca Intesa, Fondazione Cariplo, Comunità di Sant’Egidio, Save the Children e Cisp.
Dopo 12 mesi la pianta di Project Malawi sta dando frutti rigogliosi. Rijoise, ad esempio, è la prima bimba nata sana da una mamma sieropositiva curata proprio nell’ospedale di Mtenga Wa Tenga costruito con gli iniziali tre milioni di euro stanziati all’interno di un piano «senza limiti di tempo e di finanziamenti».
«Andremo avanti per tutti gli anni necessari per raggiungere l’obiettivo di fare del Malawi un paese più evoluto sotto il profilo sanitario, economico e sociale», è l’impegno dell’amministratore delegato di Banca Intesa, Corrado Passera.
L’inaugurazione dell’ospedale di Mtenga Wa Tenga e del laboratorio di biologia molecolare a Blantyre dimostra che il percorso è iniziato e che, grazie alla Comunità di Sant’Egidio, il «Modello Dream» (un «sogno» che in realtà è l’acronimo di Drug Resource Enhancement Agains Aids End Malnutrition) è già una realtà: centinaia i pazienti sieropositivi in cura e presto saranno migliaia gli uomini e le donne cui verrà chiesto di essere sottoposti al «test rapido» per individuare i soggetti da seguire con maggiore attenzione. Project Malawi prevede entro il 2008 la costituzione di una rete sanitaria nazionale composta da 3 laboratori di biologia molecolare e 10 centri salute. Un «pacchetto rilancio» che include l’assistenza agli orfani, un’area di educazione affidata agli scout Magga-Sam e la pianificazione di interventi a favore della microfinanza locale.
«Sono stati tenuti corsi di formazione in ognuna delle aree di intervento del progetto – spiega Mario Marazziti, portavoce della Comunità Sant’Egidio -. Abbiamo deciso di puntare

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