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Quei mesi in Mozambico tra malattie e speranze
02
Set
2012
02 - Set - 2012



Estate 2004 e un viaggio in Mozambico, per il Progetto Dream della Comunità di Sant’Egidio (di cui faccio parte dal ’92), che si proponeva di curare gratuitamente le donne sieropositive, affinché i figli potessero nascere sani», racconta Sabatino Caso, responsabile della sede livornese. «Di giorno andavo all’ambulatorio, dove venivano i pazienti per il test, i farmaci e il cibo. Un’oasi in un paese segnato dall’Aids: molti bambini, qualche anziano, poca gente di mezza età e i giornali pieni di annunci mortuari per la "doencia" (la malattia). Ricordo il reparto di infettivologia di Beira: lì ho visto come l’assenza di cura per la persona fa morire in modo triste. I degenti combattevano assiepati contro la Tbc e a me faceva un po’ paura la presenza costante della morte. Ma quell’esperienza è stata importante. Ho conosciuto la fede e l’amore di tanti mozambicani che hanno scelto di non fuggire. Ho guardato rinascere la speranza in donne condannate a morte, che grazie alle cure tornavano a vivere, sperando in un futuro per i propri figli. Ho visto nascere bambini sani da madri sieropositive e la gioia di queste quando gli si comunicava la negatività del test sui bimbi. E donne già in cura, che aiutavano altre donne. Come Josefa che mostrava a Joanna le precauzioni per non trasmettere l’Aids ai figli. Ho scoperto in chi aiutava la gioia, ritrovata poi la domenica nelle messe africane, in luoghi poveri, ma piene di colori e di balli. Il progetto era agli inizi. Da allora sono nati 17mila bambini sani! Tornando a Livorno mi sono chiesto come vivere con lo stesso coraggio accanto a chi soffre nella mia città. E me lo chiedo ogni giorno, operando per la Comunità di Sant’Egidio».

Maria Antonietta Schiavina (da: Il Tirreno del 3-9-2012)

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