HomeDREAMRAI 1: il Programma DREAM raccontato dalla voce dei volontari in Mozambico
26
Giu
2023
26 - Giu - 2023


Laici, uniti da un legame di fraternità, impegnati in un servizio volontario e gratuito agli ultimi. Non è semplicemente filantropia è qualcosa di identitario che mette in pratica il comandamento dell’amore.


Paola Germano: “Lavoravo all’ospedale Spallanzani, un ospedale per malati di AIDS. 21 anni fa la Comunità di Sant’Egidio voleva cominciare a fare qualcosa per l’AIDS in Mozambico, ho chiesto di aiutare, di andare una volta a fare un corso di formazione, ci sono rimasta!”.

È l’Africa, la terra dove da decenni la Comunità di Sant’Egidio che nasce seguendo gli insegnamenti conciliari, opera in processi di pace anche con programmi come Dream, nato per combattere l’HIV. 50 cliniche gestite in 10 paesi, 28 laboratori di biologia molecolare, alta qualità di cura totalmente gratuita, mezzo milione di persone assistite da Dream, è il volto della Chiesa in uscita. Loro lo chiamano contagio positivo.

Continua Germano: “L’Africa è un mondo difficile per tanti motivi, ma si può fare tanto, è piena di giovani, è piena di risorse in questo senso, di gente che ha voglia di vivere, di cambiare e insieme si può. Questa è stata l’esperienza di questo programma, non soltanto per quello che abbiamo fatto per la cura di tanti malati, ma anche per diffondere un’umanità diversa. E poi Dream è stato anche l’esperienza di un contagio positivo tra gli africani, e anche tra nella chiesa. Ci sono tante congregazioni religiose femminili che gestivano ospedali, centri di salute, erano disperate davanti all’AIDS,  non sapevano che fare perché non c’erano i farmaci, non si poteva fare niente e hanno cominciato a chiedere aiuto e si è creata anche una grande rete di congregazioni religiose con cui lavoriamo insieme, li sosteniamo nei loro centri, gli abbiamo fatto la formazione.

Anna Maria Doro Altan: “Ricordo la prima volta che sono andata in Mozambico mi colpiva vedere questo grande bisogno di salute. C’erano pochissimi medici allora in Mozambico, quindi c’erano questi centri di salute proprio con grappoli di persone che avevano bisogno di essere curate. Questa possibilità inaspettata di avere di avere cure, di avere attenzione, l’hanno sentita proprio come una vicinanza di Dio alla loro vita, hanno voluto un po’ restituire quello che avevano ricevuto aiutando le persone più povere della loro società”.

Oggi che l’AIDS non è più un’emergenza, Dream è un programma di salute globale, gestito da africani, formati e affiancati periodicamente da volontari della Comunità di Sant’Egidio con un grande network, che nel corso degli anni si è creato grazie all’aiuto di tanti professionisti.

Continua Doro Altan di Sant’Egidio: “La difficoltà di curare in Africa è sempre, da una parte la carenza di supporti diagnostici, di tutte le possibilità diagnostiche e anche terapeutiche che noi abbiamo in Europa. Un’altra difficoltà è che ci sono tanti Paesi, per esempio dove ci sono abbastanza medici, anche strutture, ma tutto è a pagamento e quindi la popolazione più povera di fatto non ha accesso, continua a non avere accesso alla cura. I nostri centri in Africa sono tutti gestiti da personale locale, quindi noi li affianchiamo periodicamente. Cerchiamo di migliorare la qualità dei centri e Sant’Egidio ha anche messo su un sistema di telemedicina, per cui ci sono anche tanti specialisti che magari non hanno tempo di venire in Africa, ma possono dare la loro consulenza il loro parere su alcune questioni più specifiche, più difficili”.

Paola Germano: “Per noi laici in missione, c’è la possibilità anche di diffondere una nuova cultura e al tempo stesso, personalmente lo penso per tanti laici, anche un modo per vivere il Vangelo in modo concreto. Il Mozambico non è un paese musulmano, ma la nostra direttrice clinica è una dottoressa musulmana, è stata agli incontri col papa, ha incontrato papa Francesco quando è venuto in Mozambico a visitare un nostro centro. È una donna di fede e così un po’ per volta noi lavoriamo con cristiani, con musulmani, è anche un modo per diffondere una cultura del dialogo, di fratellanza umana, ce n’è molto bisogno e l’Africa ne ha bisogno, perché soffre di questo”.

Doro Altan: “Io la considero adesso una parte imprescindibile della mia vita, è qualcosa che mi fa crescere, qualcosa che mi rende gioiosa, mi rende felice, mi fa crescere umanamente e anche professionalmente. Se non avessi incontrato tante situazioni di bisogno avrei capito molto di meno della vita”.

 

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