HomeDREAML’Avvenire (Italia) – Da Maputo un seme di speranza per l’Africa
20
Ago
2006
20 - Ago - 2006



da "Avvenire" del 6/8/2006

Di Andrea Riccardi

Tra le tante immagini del Mozambico all’inizio degli anni Ottanta, una non mi si cancella mai: il grande mercato di Maputo dove, tra lunghe file di banchi di marmo vuoti, si vendeva solo un po’ di pesce secco. Non c’era niente da mangiare. Era il Mozambico della fame e della carestia, infestato – a meno di dieci anni dall’indipendenza – da una guerra tra il governo marxista e la Renamo (che avrebbe fatto un milione di morti).

Allora si parlava del Mozambico come il paese più povero del mondo. Non c’era speranza. Il regime era duro, anche se la classe dirigente di buon livello. La lotta alla Chiesa cattolica era pesante. Il delegato apostolico Colasuonno aveva costruito un episcopato africano, perché i vescovi portoghesi (in gran parte) se n’erano andati o se ne dovevano andare. I nuovi vescovi venivano accusati come collaboratori del colonialismo, mentre quasi tutte le strutture – eccetto qualche chiesa – gli erano state lasciate.

Un giovane vescovo coraggioso, mons. Gonçalves (era stato in prigione), contattò me e i miei amici di Sant’Egidio. Incontrò l’allora segretario del Pci, Berlinguer, e gli chiese pressioni sui "compagni" mozambicani. Fu fatto e ci fu un primo allentamento. Bisognava fare di più. Il seminario era stato chiuso: mancavano i preti.

Con mons. Silvestrini, «ministro degli Esteri» vaticano, si organizzò una visita del presidente Samora a Giovanni Paolo II. Non fu facile per le preclusioni del leader, ma fu un successo. Un altro passo avanti. Ma restava la guerra, in un paese in cui non si poteva circolare per strada e in cui si moriva ogni giorno. Allora ebbi chiaro come la guerra è "madre" di ogni povertà.

La storia dei negoziati di pace di due anni e mezzo a Sant’Egidio (Mario Raffaelli per l’Italia, mons. Gonçalves, don Matteo Zuppi e il sottoscritto per la Comunità) è stata narrata. È anche quella di una conversione alla politica democratica (cioè alla pace) della guerriglia e del partito marxista. Il 4 ottobre 1992, con la pace, nasce la democrazia mozambicana. Quel giorno la gente scese in piazza con una gioia incredibile. Rifioriva la speranza. Sono passati quasi quindici anni. Il sistema è imperfetto. Ma non ci sono state vendette né ritorni alle armi.

Lo sviluppo si è affacciato nel paese: le disuguaglianze e le miserie sono tante, ma c’è voglia di migliorare. Incombe assassina la pandemia dell’Aids che falcidia soprattutto i bambini e le giovani generazioni. È una nuova guerra da combattere: è quanto Dream sta facendo con più di 10.000 malati in cura e 1000 bambini da madre sieropositiva nati sani, una lotta di cui questo giornale ha dato più volte notizia.

Venti giorni fa ero a Maputo per inaugurare un centro per la cura dei bambini sieropositivi. Ho rivisto il mercato non più vuoto, anzi pieno. Vedo i problemi, ma sento la speranza di un futuro migliore.

L’Africa ce la può fare, se non è solo utilizzata o lasciata sola.

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