HomeDREAMBlantyre e Lilongwe, Malawi – Cresce l’Associazione “Women for DREAM”
31
Lug
2007
31 - Lug - 2007



Il 26 e 27 luglio scorsi l’Associazione “Women for dream” si è riunita per la seconda volta in Malawi, prima a Blantyre e poi a Lilongwe.
Un appuntamento atteso, perché in questi ultimi mesi il numero dei membri dell’Associazione è cresciuto di molto. Ed anche perché grande è stato il lavoro svolto da tutti per contribuire a sviluppare una maggiore coscienza dei diritti civili dei sieropositivi in Malawi. Sono già in programma varie iniziative locali, dimostrative e di solidarietà.
Quelle del 26 e 27 luglio sono state due assemblee molto affollate: erano presenti rispettivamente 160 e 130 persone. Tutti donne e uomini per un sogno, il sogno del programma DREAM. Molti di loro sono in cura presso i centri di Blantyre, Mthengo wa Ntenga (Lilongwe), e Balaka.
Realtà diverse, indubbiamente, città e villaggi con orizzonti differenti, ma che vivono comunque un grande problema comune: l’AIDS. Oggi, grazie a DREAM, hanno in comune anche la possibilità della cura.
Di qui la gratitudine e la gioia di tanti. Lo dice Noel nel suo intervento: “Ero magrissimo, la mia pelle sembrava quella di un pesce, tutti avevano paura di me. Mi avevano detto che se avessi fatto il test per l’HIV sarei morto di sicuro, ma un’attivista di DREAM mi ha parlato di sé … sono andato al centro, ho accettato di curarmi ed ora sto bene”.
La salute ritrovata è un dono che permette di ritornare alla vita attiva, ma che spinge anche ad aprirsi verso gli altri, in particolare verso gli altri malati. Continua Noel: “Oggi sono anche io un testimone! E sono felice che insieme possiamo aiutare gli altri. Dobbiamo essere tutti testimoni di una cura che funziona”.
Ruth ad altre malate descrivono alcuni aspetti della realtà che affrontano le donne sieropositive: “Si crede che l’AIDS sia colpa delle donne. Alcuni pensano che se una donna è sieropositiva, allora è una prostituita. Spesso viene cacciata da casa per questo, anche se ha dei figli. Deve andarsene, senza portare nulla con sé. Il che equivale a morire di stenti. La discriminazione porta alla morte. Per questo dobbiamo combattere l’ignoranza nei nostri villaggi, parlare a tutti, in particolare ai nostri familiari, non avere più paura. Dobbiamo sostenerci e costruire insieme un modo nuovo di guardare alla malattia”.
Parlando ed ascoltando molte donne iniziano ad intravedere la possibilità di sconfiggere una mentalità discriminante, ma anche di far nascere una cultura diversa, una cultura della vita.
“Là dove viviamo”, aggiunge un’altra, “dobbiamo riconoscerci, salutarci, proteggerci gli uni gli altri. Ma andiamo anche negli ospedali, dai malati. Aiutiamoli. Diventiamo visibili, mostriamo agli altri quanto siamo felici oggi grazie al programma DREAM”.
Grande è il bisogno di essere uniti e solidali. Questo è emerso con chiarezza, i

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