Corriere della Sera (Italia)
La sfida al digital divide
La «carta di Okinawa», al vertice G8 del, chiedeva l’impegno dei Governi per ridurre rapidamente il «fossato digitale»
L’Italia vuole continuare ad essere protagonista nel mondo con l’aiuto allo sviluppo grazie ale Ict
di VINCENZO SCHIOPPA *
La rete corre sempre più veloce, verso sempre nuovi traguardi. E sembra correre da sola, forte della sua spontaneità e creatività. Dietro, però, le conquiste più importanti c’è sempre un lavoro tenace di preparazione, organizzazione, finalizzazione. Come nell’impegno italiano che tanto ha contribuito ai progressi della cultura digitale nel panorama internazionale.
La «carta di Okinawa», al vertice G8 del luglio 2000, chiede l’impegno dei Governi dei Paesi più industrializzati, ed affida a rappresentanti personali dei Capi di Stato e di Governo il compito di presentare un rapporto sul «fossato digitale»: nasce così la «Dot.force», la «digital opportunity task force». Esperimento mai tentato prima, la Dot.force è composta non solo dai Paesi del G8 e dalla Commissione Europea, ma anche da Paesi in via di sviluppo, da organizzazioni della famiglia dell’Onu, dalla Banca Mondiale, da rappresentanti al massimo livello dell’industria privata (da Accenture a Hewlett-Packard, da Toshiba a Thomson) e da Ong. A novembre il Primo Ministro giapponese Mori consegna al’Italia, che avrebbe assunto l’anno successivo la presidenza del G7/G8, una missione che a detta di tutti era impossibile: trovare tra attori così diversi, portatori di interessi così lontani – l’accordo per una diagnosi comune. L’Italia, con uno straordinario sforzo di inclusione, e di maieutica, ci riuscì. L’accordo si trovò, e i risultati furono per certi aspetti sorprendenti. La Dot.force si spinse ben al di là del suo mandato, presentando un vero piano d’azione, in nove punti (tra questi, e per la prima volta, si sanciva anche l’importanza del e-government come strumento di sviluppo). Era nato il «Genoa plan of action» per l’inclusione digitale. Il Presidente del Consiglio Berlusconi ne apprezzò subito la portata, e ne intuì le potenzialità. Assieme al Ministro Stanca lo valorizzò. Da quel piano sarebbero nate tutte le iniziative successive delle Nazioni Unite, della Banca Mondiale, dell’Unione Europea. L’Italia, con la Conferenza di Palermo sulle ICT for development dell’aprile 2002 si confermò, da pioniera che era stata, uno dei players internazionali per l’agenda mondiale delle ICT per lo sviluppo.
Da allora, molto è stato fatto. Molto resta ancora da fare. Nel mondo, ma anche a casa nostra. Il Governo rilancia con forza oggi il tema della cultura digitale. Troppo grande è ancora in Italia il divide: solo il 17% delle nostre famiglie usa internet, contro una media UE del 32%. Nei grandi Paesi europei il valore sale al 40%, ed in quelli del Nord Europa al 60%. Il Ministro Brunetta ha presentato un programma ambizioso ma realistico, il «piano di e-government 2012» (www.funzionepubblica.it/ministro/pdf_home/egov_2012pa rte_PRIMA.pdf9). In esso sono indicati precisi obiettivi settoriali, territoriali, di sistema ed internazionali, le risorse a disposizione, i tempi e le fasi di attuazione. Vi è forte l’accento sull’e-learning, e sull’«Università digitale, in partenariato con il Miur e gli Atenei. Per la componente internazionale, con il Ministro Frattini ed il Ministero degli Esteri, si riafferma con convinzione che l’Italia vuole continuare ad essere protagonista nel mondo con l’aiuto alo sviluppo grazie alle ICT (http://www.funzionepubblica.it/ministro/in_evidenza/5948.htm). E personalmente, proprio in questo quadro intravedo le «altre» capacità di Federica, oltre quelle evidenti. Quando l’ho vista in azione, ho provato emozione. La stessa che mi ha dato ad esempio recentemente Dream, un progetto per la telemedicina contro l’Aids della Comunità di Sant’Egidio. Era quello che tutti speravamo quando affermavamo che le tecnologie potevano, se usate per il bene, cambiare il mondo.
L’Università Federico I ha realizzato uno strumento originale, potente e versatile, di uso intuitivo, persino ludico; un contenitore intelligente ed aperto a tutti che può essere riempito di contenuti adatti a tutte le culture, e usato anche per valorizzare la nostra, e con essa i nostri interessi ed i nostri valori. Un gran bel lavoro. E davvero un bel segnale che sia una delle più antiche università del mondo a scommettere sull’innovazione made in Italy.
* L’autore, che è a capo del l’Unità Sistema Paese della Farnesina, è stato chairman della digital opportunity task force, Dottrcdel G8.
E’ co-chair per l’e-government dell’iniziativa OCSE/UNDP «Good governance for development» nei paesi del Medio Oriente e Nord Africa