Verso una generazione libera dall’AIDS. La sfida della Comunità di Sant’Egidio per salvare i bambini e le loro madri
Un modello africano di cura per le donne HIV positive in gravidanza: la nuova sfida e’ far nascere bambini sani e salvare la vita delle loro madri, raggiungendo anche in Africa l’obiettivo di zero nuove infezioni.
Su questi temi si sono interrogati i rappresentanti provenienti da 13 paesi africani. Dall’11 al 14 marzo si e’ tenuto infatti a Maputo il primo seminario internazionale dal titolo Towards an AIDS-free generation.
Il seminario, organizzato dal Programma DREAM della Comunità di Sant’Egidio in collaborazione con il Ministero della Salute del Mozambico, ha visto la partecipazione di esperti del settore dei diversi ministeri della salute africani, insieme a esponenti della comunita’ scientifica internazionale provenienti da Europa e Stati Uniti.
Tutto nasce dalla possibilita’ di estendere la terapia per la prevenzione materno infantile a tutte le donne HIV positive in gravidanza, per tutta la vita. Nell’aprile del 2012 infatti, l’OMS pubblica un update che aggiunge una terza opzione alle linee guida già esistenti per la prevenzione della trasmissione del virus in gravidanza in donne che non hanno i criteri per iniziare la terapia: l’opzione B+, somministrazione della triterapia a vita a tutte le donne in gravidanza HIV positive.
Questa opzione presenterebbe numerosi vantaggi: semplificare programmi di prevenzione materno-infantile; estendere la protezione della terapia anche a future gravidanze; prevenire la trasmissione sessuale a coppie discordanti; portare benefici per la salute delle madri evitando il rischio legato a continue interruzioni e riprese della terapia, in particolare in regioni che presentano un’alta fertilità.
Tutto questo e’ possibile anche in Africa? DREAM in 11 anni di vita ha dimostrato di si’: ha portato l’eccellenza anche in Africa, l’eccellenza della diagnostica con i laboratori di biologia molecolare e l’eccellenza della cura con la triterapia. In questi giorni e’ stato presentato il modello DREAM, i risultati raggiunti non solo in termini di bambini nati sani dal programma di prevenzione verticale (piu’ di 22 mila), ma anche di aderenza e fidelizzazione ad un programma di cura che e’ per tutta la vita. Si e’ posto l’accento sull’ approccio olistico del programma, mettendo il paziente al centro e offrendo alla donna in gravidanza, che scopre di essere malata in un momento cosi’ delicato della sua vita, non solo la terapia ma anche il supporto sociale e psicologico.
Come detto all’ apertura dei lavori, “il successo del programma DREAM e’ legato alla capacita’ di dimostrare che anche in Africa, anche negli ambienti piu’ poveri e piu’ rurali, nelle zone periferiche e piu’ inaccessibili, e’ possibile fare una diagnostica e un trattamento di qualita’ ”. Dulce, donna mozambicana HIV positiva, ha testimoniato con le sue parole cosa voglia dire far nascere un bambino sano quando tutti intorno a te dicono che devi solo aspettare la morte: “Quando mi hanno detto che mio figlio era sieronegativo sono scoppiata in lacrime. La prevenzione verticale aveva funzionato e mio figlio era sano!". Da qui ha deciso di votare la sua vita all’aiuto degli altri, lavorando come attivista del programma DREAM a Maputo.
Oggi si vuole trasmettere questa eccellenza anche ad altri paesi africani.
La superiorita’ della triterapia antiretrovirale rispetto alla monoterapia e’ ormai riconosciuta dal mondo scientifico internazionale. Le opzioni B/B+ sono le piu’ efficaci nel ridurre il tasso di trasmissione del virus dalla madre al figlio, durante la gravidanza e l’allattamento, ma anche nel ridurre la mortalita’ materna ed infantile raggiungendo gli stessi livelli della popolazione non infetta.
I rappresentanti dei diversi paesi africani hanno portato il loro contributo ad un dialogo che e’ stato molto costruttivo, riconoscendo la necessita’ di includere in tale modello determinati e irrinunciabili punti: gratuita’ della cura, approccio olistico al paziente, integrazione dei servizi di prevenzione della trasmissione materno-infantile dell’HIV all’ interno di servizi di cura prenatale, peer to peer education per aiutare le donne ad accettare il loro nuovo stato di sieropositive favorendo l’aderenza al protocollo, diagnosi precoce dell’HIV nei nuovi nati attraverso test di laboratorio, supporto nutrizionale alle madri e ai bambini, garantire che i farmaci siano sempre disponibili.
Tutti i partecipanti escono da questi giorni rafforzati ed incoraggiati nel loro lavoro di lotta contro l’AIDS, portando nei propri Paesi la proposta di un sogno realizzabile: insieme e’ possibile far nascere una generazione libera dall’ HIV, salvando i bambini con le loro madri.