Dove gli ausili scarseggiano, cresce la cura
Il racconto di Michela e Alice tra Maputo e Bangui: quando la fisioterapia è formazione, ingegno e futuro
In Africa la cura torna alle basi: mani, sguardo, parole semplici. Michela e Alice, due fisioterapiste italiane, lo hanno imparato tra Maputo (Mozambico) e — per Alice — Bangui (Repubblica Centrafricana), dove ogni seduta è una piccola rivoluzione possibile con poco. «Siamo partite con DREAM per riportare al centro le basi del mestiere: ascolto, tecnica, educazione. Con quello che c’è», raccontano.
A Maputo la formazione è la prima terapia. «Le stampelle non sono un appoggio di fortuna — spiega Alice —: se le regoli e le usi bene, distribuiscono il carico, proteggono la parte lesa e accelerano la guarigione; se usate male, creano sovraccarichi e compensi posturali». Con i pazienti si lavora passo dopo passo: altezza corretta, impugnatura, ritmo del passo, sicurezza su terreni irregolari. Poi si consegnano schede semplici con 2–3 esercizi al giorno e, a ogni incontro, si chiede di mostrarli: correggere subito fa la differenza. Anche i caregiver diventano parte della terapia, imparando piccoli gesti quotidiani che contano.
È qui che Michela e Alice hanno incontrato Arthur, un ragazzo arrivato in centro senza una gamba e con le stampelle regolate male. Grazie a una raccolta fondi si è potuta acquistare una protesi adeguata e, con settimane di lavoro alla vecchia maniera — misure, regolazioni, equilibrio, forza — è successo l’essenziale: ha camminato da solo. Oggi gioca anche a pallone con gli amici. «È l’esempio di come tecnica, relazione e pochi strumenti ben usati possano restituire autonomia.»
A Bangui la figura del fisioterapista praticamente non esiste. Per questo Alice, insieme alla Clinique DREAM, vuole avviare un percorso dedicato ai bambini con paralisi cerebrale infantile ed epilessia: valutazioni essenziali, training per caregiver e operatori, protocolli semplici e replicabili. Nel quotidiano si lavora con ciò che c’è: adattamento degli ausili, micro-sessioni in spazi condivisi, schede visive da portare a casa. «Qui la puntualità e l’aderenza sono altissime — sottolinea Alice —: per molti siamo l’unico riferimento concreto per un problema che limita la vita. Arrivano in orario, tornano ai controlli, chiedono come continuare a casa.»
Anche lontano dalle apparecchiature sofisticate, la fisioterapia mostra ciò che è: relazione, tecnica, educazione. È così — passo dopo passo — che a Maputo e a Bangui la cura cresce, anche dove gli ausili scarseggiano.
Se vuoi sostenere missioni come questa, puoi contribuire con una donazione a favore dei centri DREAM: anche un gesto piccolo si trasforma in passi più sicuri, esercizi fatti bene e autonomie riconquistate.
Scrivici per sapere come donare.