HomeDREAMIl Corriere della Sera (Italia) – Aids, mamme e bimbi lottano curati dai volontari italiani
09
Dic
2004
09 - Dic - 2004



Un milione e mezzo di persone contagiate, negli ospedali l’impegno dei nostri medici. Nessuno lavora più i campi
Mozambico, il virus uccide i contadini: avanza il deserto

MAPUTO (Mozambico) – Le ragazze in grembiule azzurro guardano intente la tv e dallo schermo fluorescente giovanotti muscolosi e pupe in bikini invadono colorati la corsia grigia. Il reality show è felice, sexy, allegro. Da questa parte della realtà l’Ospedale Generale di Machawa, sobborgo povero di Maputo, ospita malate di Aids, tubercolosi, denutrite croniche. Chi ha la forza di trascinarsi davanti alla tele dimentica la camerata, a pochi passi. Su letti di metallo mal verniciato di bianco, le sagome che il Novecento ha prodotto a Auschwitz, nei gulag sovietici e in Kosovo, scheletri così leggeri da non segnare neppure il lenzuolo ruvido come un sacco di juta. Se siano uomini o donne lo sapete dalla dottoressa Nurjamajia che indica le diverse corsie. Altrimenti occhiaie, pelle scarnita, braccia ossute non distinguono i sessi, così ben definiti nello show.

In terra un saccone è la barella di chi non ha posto, qualcuno consuma l’agonia in terrazzo, l’aria salmastra dell’Oceano riempie i polmoni, qualche usignolo si infila nei buchi della rete e becchetta a terra un chicco di riso. I numeri dell’epidemia Aids in Mozambico, dopo anni di guerra civile, carestia e le recenti alluvioni, sono raccolti dai reporter dell’agenzia Africa News : «Diciannove milioni di abitanti, due terzi con meno di un euro al giorno, nazione poverissima, numero 170 su 175 Paesi. Quattrocentomila morti in cinque anni, 97 mila entro il 31 dicembre. Un milione e mezzo di persone contagiate dal virus Aids, 600 mila orfani, solo 8.000 pazienti in cura».

In ospedale si va a mangiare un po’ meglio della denutrizione, a prendere qualche rara medicina, più spesso a morire. Una visitatrice gentile saluta l’ammalata che la Tbc ha ridotto in agonia e lei ha ancora la forza di fare ciao con la mano, forse l’ultimo gesto umano prima di notte. Le docce sono povere, ripulite con pazienza dagli inservienti, la sedia che serve a rinfrescare chi non si regge in piedi è riparata con il filo di ferro. La miseria si combatte con vera dignità, un vetro sfondato è riparato con un vecchio giornale, il collage accosta il sorriso di Teresa Kerry, la moglie del candidato democratico alla Casa Bianca nata in Mozambico, «Sono una di voi!» e un ritratto del presidente Bush ingiallito dal sole. Silenzio, il cinguettare dei passeri, il calore della giornata estiva, rotto dalla gioia esplosiva della tv: «Ballate con noi!».

Fuori dalla palizzata in cemento, un sentiero coperto di erbacce si lascia alle spalle una grande lavagna nera, «Giornale del popolo», cimelio dei giorni rivoluzionari che attrassero a Maputo tanti sognatori. Pochi passi e vi imbattete in un gigante che si ripara dal solleone sotto un banano ombroso. Cappellone di paglia, alla cintura un fascio di manette luccicanti. Vi guarda senza simpatia, spalleggiato da un giovanotto corrucciato. Sono guardie del Carcere Centrale, hanno portato come ogni settimana i detenuti al Centro Dream, gestito dalla Comunità di Sant’Egidio, per test sull’Aids, medicine, cure. In galera si finisce per poco, un furtarello, una denuncia senza motivazione, mancanza di documenti che costano e non tutti possono permettersi. Una volta dentro, il contagio è ancor più frequente. Seduti a testa bassa, i prigionieri com

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