La pandemia provoca 50.000 morti all’anno in Sud Africa.
Per molto tempo le autorità hanno negato questo dramma o proposto di curarlo con l’aglio.
I successi del programma DREAM.
di Paola Germano e Giovanni Guidotti
Il viaggiatore che si recherà per la prima volta in Africa in occasione dei mondiali di calcio in Sud Africa, resterà certamente sorpreso dallo scenario che gli si presenterà dinanzi.
Il Sudafrica è un paese moderno, sviluppato, con una natura bellissima, ricco di risorse minerarie, di infrastrutture e servizi all’avanguardia, molto diverso dagli altri paesi africani e molto più simile ad un paese occidentale.
Ma chi avrà tempo di visitare un po’ questo bellissimo paese ne scoprirà anche le grandi contraddizioni: la criminalità, le ferite dell’apartheid non ancora sanate, le grandi città dove la popolazione vive separata in grandi compound e soprattutto un paese colpito duramente dalla tragedia enorme dell’HIV/AIDS.
Il Sud Africa è il primo paese del mondo per numero di malati di AIDS.
Sembrerà strano che in un paese cosi progredito, così simile a tanti paesi occidentali, vivono, secondo le ultime stime di UNAIDS, l’Agenzia dell’ONU per la lotta all’AIDS, 5.7 milioni di persone con l’infezione da HIV/AIDS, su una popolazione di 48,7 milioni di abitanti. Ogni giorno in Sudafrica muoiono a causa dell’AIDS circa 1000 persone, per un totale di 350.000 persone l’anno1.
Vengono colpiti non soltanto le classi più povere, ma anche impiegati e professionisti, le categorie che maggiormente sostengono lo sviluppo economico del paese. Come è noto, a partire dalla fine degli anni ‘90 l’introduzione dei farmaci antiretrovirali nei programmi di cura dei paesi occidentali, ha modificato radicalmente la storia naturale dell’HIV. I farmaci antiretrovirali, l’HAART, Highly Active Antiretroviral Therapy, ne hanno fatto la differenza, determinando un calo radicale della mortalità. Negli USA e in Europa la mortalità per AIDS è drasticamente diminuita dal 1994 al 2007 del 69%. In Svizzera si è passati da 600 morti del 1995 a 50 del 2008 2. In Italia nell’ultimo anno sono 1900 le persone morte a causa dell’AIDS. Nel 2003 si stimavano oltre 34.000 le persone morte per AIDS nel nostro paese 3.
In Sud Africa questo non è avvenuto.
Oggi in Sud Africa ci sono oltre 1,4 milioni di orfani nel paese a causa dell’AIDS e la condizione di orfananza ha un pesante risvolto sociale sul paese, poiché solo l’80% di questi adolescenti orfani tra i 10 ed i 14 anni vanno a scuola 4.
Secondo UNAIDS, in Sud Africa, sono oltre 280.000 i bambini HIV positivi 5. Nel 2001 erano la metà. La gran parte di questi bambini sono stati infettati attraverso la cosiddetta trasmissione verticale, la trasmissione cioè dalla mamma sieropositiva al bambino, avvenuta durante la gravidanza, il parto e l’allattamento.
Nell’ultimo “ Country Progress Report on HIVAIDS” 6 del marzo 2010 il Ministero della Salute del Sudafrica calcola in circa l’11% la percentuale dei bambini nati sieropositivi da madri infette da HIV. Tale tipo di trasmissione è praticamente evitabile grazie ad interventi terapeutici già in uso in occidente da anni con il risultato che quasi non nascono più bambini malati da madri con HIV.
Questo protocollo è già felicemente utilizzato in altri paesi Africa Sub- Sahariana, più poveri e meno sviluppati del Sud Africa con alcuni programmi di cura di successo, tra cui DREAM, Drug Resource Enhancement against AIDS and Malnutrition, programma gestito dalla Comunità di Sant’Egidio in dieci paesi africani con risultati sovrapponibili alle esperienze occidentali, con il risultato di oltre 10.000 bambini nati sani in Africa Sub- sahariana da madri sieropositive 7.
E ‘ evidente che il Sud Africa è davanti ad una tragedia annunciata e causata dall’enorme ritardo a pianificare azioni di contrasto della pandemia. Ma come si è arrivati ad una situazione così grave nel paese?
Il primo caso descritto in Sudafrica è del 1982 quasi contemporaneamente all’Europa. Sono gli anni del regime dell’Apartheid che non fa nulla per contenere l’epidemia da HIV considerandola un problema che riguarda solo gli omosessuali ed i neri. I media alimentano il crescere di stereotipi razziali, la paura e lo stigma.
Il primo riconoscimento pubblico della malattia e della priorità della prevenzione del virus in Sudafrica è del ’90, con la dichiarazione di Maputo, in occasione del Congresso sull’HIV e l’AIDS in Africa Australe. In quell’occasione fu firmato il documento di impegno alla lotta contro HIV/AIDS dall’ANC, a quei tempi bandito ed esiliato dal paese, e da una serie di organizzazioni mediche anti-apartheid, ma si trattava di un gruppo senza alcun potere 8.
Il virus cominciò in quegli anni a diffondersi in maniera impressionate.
Le proibitive condizioni di vita determinate dall’Apartheid crearono i presupposti per il rapido diffondersi del virus. Basti pensare ai miseri insediamenti sovrappopolati in cui erano costretti a vivere le persone di colore, i tanti lavoratori emigrati dalle regioni vicine, un poverissimo sistema sanitario che non poteva contrastare ogni qualsivoglia malattia infettiva – ricordiamo il diffondersi terribile della tubercolosi- facilitarono il velocissimo progredire della pandemia. Migliaia e migliaia di lavoratori stagionali delle miniere furono costretti ad abitare in povere strutture, soli, con il proliferare di moltissima prostituzione che favorì non solo la crescita di malati tra i lavoratori stranieri immigrati 9, ma anche la successiva diffusione nei paesi di provenienza. Dal 1990 al 1994 la prevalenza tra le donne in gravidanza crebbe dall’1% a circa l’8% 10
Le prime elezioni democratiche sono del 1994, ma il primo Governo Mandela, impegnato a ricostruire una società non razziale, fu incapace di dare risposte efficaci al dilagare dell’HIV/ AIDS nel Paese. Mandela stesso ammise, dopo il suo congedo, che aveva commesso qualche errore nel calcolare il possibile pericolo derivante dal diffondersi dell’AIDS.
La liberazione del regime dell’Apartheid nel 1994, momento di grande speranza per il paese, paradossalmente divenne anche il momento di maggior espansione della malattia. Una fetta importante della popolazione, fino allora segregata dal regime, priva degli strumenti educativi di base e di conoscenze sulla salute favorì con comportamenti a rischio, uniti ad una ritrovata libertà di movimento, la diffusione del virus 11.
Nel ‘98 il governo rifiutò di finanziare un programma di prevenzione della trasmissione verticale, basato sulla somministrazione di zidovudina per le donne sieropositive in gravidanza.
Il tasso di prevalenza dell’HIV tra le donne in gravidanza intanto nel 2000 arrivò a toccare il 23% 12. Accanto poi all’epidemia da HIV c’è sempre da ricordare l’incredibile diffondersi della TB che ha peggiorato il già critico quadro dell’epidemia.
Gli interventi tardivi del primo governo dell’African National Congress (ANC) si distinsero poi per una serie di misure molto criticate ed inefficaci nella lotta alla malattia, come per esempio lo scandalo legato all’utilizzo di ingenti somme del Programma Nazionale di lotta all’AIDS, che furono destinate a messaggi divulgativi di prevenzione affidate ad una compagnia teatrale 13.
All’inizio del 2000, quando l’AIDS era già sufficientemente diffuso in tutta l’area Sub- Sahariana, e quando era ormai disponibile da qualche anno il cocktail farmacologico in grado di fermare l’evoluzione della malattia, con il conseguente rallentamento della trasmissibilità, il Presidente Thabo Mbeki, nuovo Presidente del Sud Africa, assunse una posizione nei confronti dell’AIDS rigida e ” negazionista”. Mbeki accusò la CIA di cospirare con le case farmaceutiche per propagare l’idea che l’HIV fosse la causa dell’AIDS, e spingere così la gente a comprare i farmaci antiretrovirali. Al di là delle dichiarazioni ufficiali, il governo sudafricano assunse una posizione di sospetto verso le autorità internazionali, accusate di voler arrestare la "rinascita" dello Stato, ambizioso obiettivo ribadito da Mbeki fin dalla sua elezione a presidente.
Tali posizioni critiche del Presidente Mbeki nei confronti degli scienziati “occidentali”, furono esposte nell’ambito della XIII Conferenza Internazionale sull’AIDS di Durban del 2000, causando sconcerto e meraviglia in tutto il mondo. Mbeki si avvalse per accreditare la sua posizione del supporto di un gruppo di esperti “eretici”, tra cui Peter Duesberg, che consideravano l’AIDS non causato dal virus dell’HIV, e affermavano la pericolosità dei farmaci antiretrovirali e la non affidabilità dei test HIV.
Il Governo di Mbeki rafforzato da questo supporto, dichiarò al mondo che quello di cui il Sud Africa aveva veramente bisogno non erano i farmaci anti HIV, ma cibo, lavoro e risorse economiche. Questa strategia, che sembrò folle al resto del mondo scientifico, probabilmente non fu determinata sola dal rancore e dal sospetto contro i bianchi, di cui era stato vittima durante la sua opposizione politica al regime dell’Apartheid, ma fu parte anche di una strategia politica che gli consentì di non superare il limite del budget rigoroso che si era imposto per portare il suo paese allo sviluppo.
Il Sud Africa del post apartheid era un paese sull’orlo della bancarotta. L’inflazione era salita oltre il 15 %, dopo il crollo dell’economia del governo bianco di Pretoria e l’ANC per rimettere in sesto il paese, promosse una politica economica in cui si impegnava a rispettare i tetti di spesa chiesti dal Fondo Monetario Internazionale per finanziare il paese14.
Il 17 settembre del 2001 Thabo Mbeki scrisse una lettera al Ministro della Salute Manto Tshabalala ordinanole di prendere in considerazione un taglio al budget per l’AIDS. Mbeki affermò di aver scoperto che le statistiche dell’OMS dal 1995 dimostrano che l’HIV/ AIDS provocava un numero relativamente piccolo di morti in Sud Africa: 2653. Mbeki cinicamente avverte che le cifre dovrebbero” provocare un urlo di disappunto per una campagna propagandistica concordata da coloro che sono convinti che l’HIV/ AIDS sia la causa principale di morte nel nostro paese” e continua “ queste sono le persone i cui pregiudizi gli hanno condotti a scoprire false realtà….. Tuttavia qualunque sia l’intensità della campagna ostile, provocata dalle statistiche dell’OMS, non possiamo permettere che le politiche del governo e i suoi programmi possano formati da idee sbagliate anche se molto diffuse e consolidate come sembrano essere.”
Nel 2000 ormai in Sud Africa i malati di AIDS avevano già raggiunto i 4 milioni 15.
Le posizioni del governo di Mbeki provocano una grande protesta non solo dei malati, ma anche di tante organizzazioni comunitarie, sindacati, scienziati, operatori sanitari, attivisti che si riuniscono in un grande movimento sociale per porre fine all’ingiustizia del mancato accesso alle cure dell’AIDS nel paese. Nacquero diverse associazioni di malati tra cui la Treatment Action Campaign ( TAC ) guidata da Zackie Ackmat che riunì attivisti di ogni rango sociale che rivendicavano il diritto alla cura.
In Sud Africa cominciarono petizioni, marce, mobilitazioni comunitarie e pressioni sulle aziende farmaceutiche per rendere accessibile il trattamento per i più poveri. Alcuni gruppi di pressione presentarono un ricorso contro il governo per la mancata difesa del diritto alla salute sancito dalla costituzione sudafricana 16.
Nel 2003 il Governo Mbeki sotto le pressioni dell’opinione pubblica varò un piano di cura per l’AIDS con inizio di terapia antiretrovirale gratuita nei servizi sanitari pubblici, ma l’implementazione di questo piano riguardò pochissimi malati, mentre il Presidente Mbeki dichiarava in un’intervista al Washington Post del settembre 2003 “ Personally, I don’t know anybody who has died of AIDS “.
Contemporaneamente la Ministra della Salute Manto Tshabalala- Msimang affermava pubblicamente che i farmaci antiretrovirali sono tossici e fanno male, promuovendo rimedi tradizionali non testati e privi di licenza, vitamine e supplementi come alternative reali alle cure con i farmaci antiretrovirali, creando disorientamento nelle fasce di popolazione più povere e meno informate, colpite dalla malattia.
Questo clima di confusione e immobilismo provocò una vera e propria strage. Il Sud Africa degli ultimi quindici anni, ha visto morire ogni giorno tantissime persone nell’età produttiva crescere la cultura dello stigma e dell’emarginazione.
Uno studio dell’Università di Harvard, pubblicato nel 2008, imputa al Presidente Mbeki la morte di 365.000 i malati per il ritardo accumulato tra il 2000 e il 2005 nel non fornire la terapia antiretrovirale nel paese 17.
Il 6 gennaio 2005, Nelson Mandela annunciò pubblicamente che suo figlio Makgatho è morto di AIDS, dopo aver tenuto nascosta l’infezione per vergogna.
Al funerale, il figlio di Makgatho dichiara che anche sua madre era morta di AIDS, diciotto mesi prima del padre. E’ la prima volta che in Sud Africa si parla di morti di AIDS tra persone importanti. La cosa ebbe un grande eco in tutta la società e il governo per la prima volta fu costretto ad ammettere l’esistenza della pandemia e che era una malattia non solo dei poveri, e dei più ignoranti ma che poteva colpire chiunque.
Intanto alla XVI Conferenza Internazionale sull’AIDS di Toronto in Canada nel 2006 la Ministra della Salute Manto Tshabalala- Msimang intervenne sostenendo di fronte a 24 mila delegati provenienti da tutto il mondo la necessità di "una soluzione africana per un problema africano", insistendo che alimenti come aglio, barbabietole e limoni sono migliori della terapia antiretrovirale per la cura dell’AIDS. Queste dichiarazioni provocarono una grande protesta non solo degli attivisti e dei malati sudafricani, ma apparve assurda anche ai rappresentati degli altri paesi africani che già da tempo avevano iniziato la cura. La ministra guadagnò così negli ambienti internazionali, il sopranome di “Mrs Garlic”.
Bisognerà aspettare le dimissioni di Mbeki nel 2008 e l’elezione di aprile del 2009 del nuovo presidente Jacob Zuma per una svolta reale nella lotta alla malattia che ormai ha già infettato quasi 6 milioni di sudafricani.
Oggi un Sud Africa avviato allo sviluppo e alla modernità è segnato profondamente da un killer impietoso: l’AIDS.
Di fronte a questa tragedia l’insediamento del Presidente Jacob Zuma ha segnato una svolta, adottando misure concrete per il paese, annunciando un imponente piano nazionale di cura e prevenzione dell’AIDS. Il 25 aprile scorso a Johannesburg il Presidente Zuma, il Ministro della Sanità Motsoaledi, il direttore esecutivo di UNAIDS Michel Sidibè, e i rappresentanti della società civile sudafricana, hanno presentato al mondo il piano di lotta all’HIV del Paese.
Il piano punta a ridurre il tasso di contagio del 50% entro il 2011 e a fornire farmaci antiretrovirali all’80% dei malati del paese. Inoltre prevede di sottoporre al test dell’HIV 15 milioni di sudafricani entro il 2011 con la distribuzione di 100 preservativi per ogni persona che si sottoporrà al test 18.
Il governo ha anche pianificato un’azione massiccia di educazione, informazione e mobilitazione che vedrà coinvolti tutti gli ospedali e le strutture sanitarie pubbliche e le Facoltà di Medicina delle Università Sudafricane.
Il Ministero della Salute ha inviato 9.000 lettere ad altrettanti operatori sanitari in pensione chiedendo di collaborare alla campagna e molti hanno già aderito.
Allo stesso tempo la società civile si è mobilitata, raccogliendo l’adesione di migliaia di volontari e di organizzazioni non governative per sostenere e diffondere la cura tra la popolazione.
Non sono mancate le adesioni dal settore privato: una delle principali catene di farmacie del paese assicurerà gratuitamente il test dell’AIDS durante tutta la campagna. Si tratta di un evento epocale per il paese, che vede tutti coinvolti per la prima volta nella lotta per arginare l’epidemia.
Michel Sidibè, Direttore Esecutivo di UNAIDS, ha affermato in occasione del lancio di questa campagna: “Questa campagna è la più grande mobilizzazione del Sud Africa su un singolo problema dalla fine dell’Apartheid. L’effettuazione del test per 15 milioni di persone entro la fine del 2011 è il più grande programma di scale-up che il mondo abbia visto. E’ un fatto storico. Oggi il Sud Africa sta scrivendo una nuova pagina della storia d’Africa progettando la fine della tragedia dell’HIV”.
Ha inoltre affermato che “ nel mio villaggio in Mali, quando vogliamo uccidere un serpente non lo colpiamo alla coda ma alla testa, e la testa di questa epidemia è il Sud Africa”.
In effetti, la campagna si configura non solo come un enorme sforzo di prevenzione e cura dell’AIDS, ma una vera e propria rivoluzione culturale in un paese che ormai si è abituato a vedere, da più di dieci anni, morire i suoi quadri migliori, nell’età compresa tra i 25 e i 49 anni e di ogni classe sociale. Negli ultimi dieci anni il numero di morti causato dall’AIDS in Sud Africa è cresciuto da 100.000 persone nel 1999 ad oltre 350.000 nel 2009 19. Oggi l’aspettativa di vita è scesa a 51 anni, età in cui a parità di condizioni nei paesi occidentali ci si considera ancora giovani, in forza e con più o meno, trenta anni di vita ancora 20.
Nel Paese che in questi anni si è globalizzato rapidamente dopo l’apartheid, il diritto alla salute per l’AIDS è rimasto un diritto solo dei ricchi che avevano le risorse per curarsi a proprie spese.
La nuova campagna lanciata con coraggio dal presidente Zuma in questi giorni, rompe con una politica suicida e rappresenta una risposta importante e dovuta ad un paese così duramente colpito dall’AIDS. Allo stesso tempo rappresenta un importante modello anche per gli altri paesi dell’Africa Sub Sahariana, una via da percorrere per abbattere i numeri delle nuove infezioni che ogni giorno vanno aumentando.
La maggioranza dei malati di AIDS nel mondo sono concentrati in Africa Sub sahariana. Oggi si stimano in tutta l’area oltre 22 milioni di persone infettate 21.
Le nuove linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’OMS, del 2009 suggeriscono nell’espansione del trattamento l’unica via per contenere queste cifre 22.
Il Sudafrica di oggi, a cui gli altri paesi africani guardano come una guida per le sue politiche di sviluppo, può divenire anche il modello che influenzerà le politiche sanitarie dell’aerea nella lotta all’AIDS. La rivoluzione che Zuma propone per il suo paese potrebbe essere “ contagiosa” anche per gli altri paesi e dare una nuova speranza all’Africa nella lotta all’AIDS.
C’è da augurarsi che questa nuova svolta del Sudafrica nei confronti dell’AIDS, non sia solo una trovata mediatica, in previsione dei mondiali di calcio, ma che divenga presto una nuova pagina di storia per l’Africa nella lotta contro la pandemia.
1 UNAIDS/WHO, 2008
2 UNAIDS /WHO 2009 AIDS Epidemic Update
3 UNAIDS/ WHO Epidemiological Fact Sheet on HIV and AIDS, 2008
4 UNGASS Country Progress Reports 2008
5 Epidemiological Fact Sheet on HIV and AIDS, 2008
6 Republic of South Africa: Country Progress Report on declaration of commitment on HIV/AIDS Report , March 2010
7 http://dream.santegidio.org/UserFiles/file/Report/Report2010/201004_ReportEN.pdf
8. Abdool Karim SS,Churchyard GJ et al HIV Infection and Tubercolosis in South Africa: an urgent nee to escalate the public health response.The Lancet vol 374 2009: 921-933
9. Ibidem
10 . -Republic of South Africa: Country Progress Report on declaration of commitment on HIV/AIDS Report , March 2010 :Antenatal HIV sero-prevalence survey 2008
11. Zeitz P. Lessons from South Africa’s experience of HIV/AIDS. The Lancet , vol 370 2007 19-20
12.Country Progress Report on declaration of commitment on HIV/AIDS Report , March 2010:Antenatal HIV sero-prevalence survey 2008-Republic of South Africa:
13. Zeitz P. Lessons from South Africa’s experience of HIV/AIDS. The Lancet vol 370 . 2007 19-20
14. Minerva D., Vella S.: No AIDS Globalizzare la salute, Roma 2002 Avverbi Ed.
15. Republic of South Africa: Country Progress Report on declaration of commitment on HIV/AIDS Report , March 2010
16. Abdool Karim SS,Churchyard GJ et al HIV Infection and Tubercolosis in South Africa: an urgent nee to escalate the public health response. The Lancet vol 374 2009: 921-933
17. Chigwedere P., Seage III G. R.,Gruskin S., Lee Tun-Hou, Essex M., :Estimating the Lost Benefits of Antiretroviral
Drug Use in South Africa. J Acquir Immune Defic Syndr Volume 49, Number 4, December 1, 2008
18. http://data.unaids.org/pub/PressRelease/2010/20100425_pr_south_africa_en.pdf
19. Republic of South Africa: Country Progress Report on declaration of commitment on HIV/AIDS Report , March 2010
20. World Health Statistics 2008, WHO
21. UNAIDS: Global Report 2008
22. WHO Rapid Advice Antiretroviral therapy for HIV infection in adults and adolescents . Geneve ,November 2009.