HomeDREAML’Unità – Il Nobel per la medicina e l’Africa da curare
07
Ott
2015
07 - Ott - 2015



Nel corso degli ultimi anni abbiamo assistito a innumerevoli progressi della medicina e abbiamo applaudito, giustamente, a tante scoperte.
Ma i tre premi Nobel assegnati lunedì hanno qualcosa in più da raccontarci: è la sanità vista dal Sud del mondo che finalmente si afferma con autorevolezza sulla scena internazionale e chiede di non dimenticare alcune malattie che dalle nostre parti, qui al Nord, non conosciamo quasi più. La malaria prima di tutto. C’era anche in Italia fino a meno di un secolo fa, ma oggi solo pochi lo ricordano. E invece ne soffrono ancora milioni di persone in Africa, in Asia e in America Latina.

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Non possiamo che apprezzare, noi della Comunità di Sant’Egidio, il valore di questi Nobel, non solo perché siamo presenti da molti anni in tanti Paesi africani, ma perché in dieci Stati di questo continente abbiamo avviato DREAM, un programma per la cura dell’Aids che ci ha portato a seguire migliaia di uomini e donne che sembravano condannati – dal pregiudizio e dalla rassegnazione, anche delle istituzioni – a non essere curati per una malattia che invece era curata nel Nord del mondo.
Abbiamo assistito alla resurrezione di tanti e alla loro voglia di lottare e di testimoniare una vita libera senza le stimmate di un virus che faceva paura. L’assegnazione di questi tre premi Nobel servirà certamente ad amplificare una campagna che in Europa e in Occidente non può più essere messa in secondo piano: anche l’Africa ha diritto ad essere curata. E ha diritto alla gratuità delle cure, come accade in tanti Paesi europei.
Noi ci proveremo con DREAM 2.0, che è stato appena avviato: vuol dire “Disease Relief through Excellent and Advanced Means”,(“Liberazione dalle malattie attraverso mezzi avanzati ed eccellenti”). Il nuovo sogno è quello di poter seguire le oltre 270mila persone già prese in cura per l’Aids, anche per malattie diverse e spesso correlate. Non solo per la malaria, di cui si è parlato, ma anche per la tubercolosi – che in Africa registra 280 nuovi casi l’anno ogni 100mila persone – per le anemie, che riguardano il 68% dei bambini sotto i 5 anni di età, per le epatiti virali e le malattie croniche. Queste ultime, fino a poco tempo fa di appannaggio delle società più ricche (ad esempio quelle cardiovascolari), ora sono in forte aumento in Africa. Come anche il diabete mellito. Senza contare che il 70% dei morti per tumore nel mondo viene registrato ormai in questo continente, a causa della carenza di cure e prevenzione.
Siamo convinti che curare queste malattie in Africa sia una necessità urgente per il mondo intero. Certo, le difficoltà sono tante, come quelle economiche, ma i nuovi premi Nobel per la medicina ci fanno sperare. E credere che sia possibile realizzare quella “globalizzazione della solidarietà” evocata da Papa Francesco, proprio a partire dal bene più importante che è rappresentato dalla salute.

Paola Germano

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da l’Unità del 7 ottobre 2015

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