HomeDREAMSanità 2.0 a sostegno dell’Africa
14
Ott
2015
14 - Ott - 2015



All’Expò una giornata dedicata alle nuove tecnologie sanitarie fa luce sulla cooperazione per lo sviluppo socio-culturale nei Paesi in via di sviluppo. Ad esempio? Dream e Global Health Telemedicine.

di Patrizia Ruscio

Sanità, tecnologia e cultura: tre sostantivi a confronto il cui significato sembrerebbe stridere ma che, invece, rappresenta una nuova chiave di lettura per comprendere il nostro tempo. È stato questo il tema centrale della giornata di studio organizzata dal programma Dream della Comunità di Sant’Egidio e dalla Global Health Telemedicine, che si è svolta nei giorni scorsi all’Expo presso il padiglione Kip International School, nell’ambito della settimana che la manifestazione ha dedicato ai temi dello sviluppo e della cooperazione internazionale.

Dalla sua nascita ad oggi, Dream si è diffuso in 10 Paesi africani con 43 centri di cura e 20 laboratori di biologia molecolare che hanno raggiunto milioni di persone, permettendo a più di 55.000 bambini di nascere sani da madre Hiv positive. Patrocinato, tra gli altri, dalla Sit – Società Italiana Telemedicina, l’evento ha puntato l’attenzione sui nuovi modelli di cooperazione e sulla diffusione di una nuova cultura attraverso tre distinti momenti.

UNO SVILUPPO SOSTENIBILE

«Quando è nato il progetto Dream, mi sono adoperata ad aiutare come potevo. È stata un’esperienza piuttosto particolare, direi un’avventura umana e spirituale al tempo stesso», esordisce Paola Germano, direttore esecutivo del Programma Dream 2.0 finalizzato alla prevenzione e cura dell’Aids in territorio africano. «Tutti noi europei siamo portatori di una cultura che può essere molto utile all’Africa. Trasmettere la cultura del lavoro, ad esempio, costituisce una bella sfida nello sfatare i tanti pregiudizi che pesano sugli africani. Si sente spesso dire che non hanno il senso del tempo, che sono disorganizzati, ma l’esperienza dimostra che offrendo loro gli strumenti adatti, si ottengono risultati cento volte al di sopra delle aspettative. E poi si tratta di progetti sostenibili. Una delle critiche che ci è stata mossa è che non avremmo mai potuto realizzare progetti sostenibili in Africa. Quando si parla di sostenibilità, si parla soltanto di soldi ma la vera sostenibilità della cooperazione è fatta di altre cose», prosegue Germano. «Uno dei perni è la formazione del personale. Un altro aspetto importante della sostenibilità è la continuità nel tempo. Molto spesso si fanno degli interventi di cooperazione che durano tre, quattro anni al massimo ma un progetto così non sarebbe sostenibile neanche a Roma. Quando si parla di sviluppo sociale, culturale ed economico di un Paese è fondamentale che l’affiancamento alle persone prosegua nel tempo. Questo fa la differenza affinché i progetti di cooperazione cambino veramente la società».

Oggi Dream 2.0 non è solo lotta all’Hiv/Aids ma un programma di salute globale per la prevenzione e la cura di molte patologie croniche che si diffondono sempre più anche nei Paesi in via di sviluppo.

Continua a leggere l’articolo su:  Famiglia Cristiana

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