HomeDREAMBalaka, Malawi. Centro medico e laboratorio DREAM
18
Giu
2016
18 - Giu - 2016



articolo di Giuseppe La Franca su “Tecnica Ospedaliera”

Giugno 2016

Combattere l’Aids in Africa, dov’è più diffusa, attraverso una strategia integrata che prevede la realizzazione di centri medici distribuiti sul territorio e gestiti da personale autoctono, a formare una rete efficiente ed estremamente reattiva.
Oltre 300.000 persone, di cui circa 70.000 bambini, curate in 10 Paesi africani grazie a diagnostica e terapie d’eccellenza che, dal 2002, hanno anche portato alla nascita di più di 60.000 neonati sani (Aids free) da madri sieropositive che continuano a vivere e a prendersi cura di loro.
Questi i principali risultati raggiunti nei 46 i centri di cura e nei 24 laboratori di biologia molecolare – tra cui quello di Balaka – realizzati dalla Comunità di Sant’Egidio con il programma Dream che oggi costituisce un modello di riferimento continentale per una sanità “leggera” quanto efficace.

Dall’aiuto umanitario alla lotta all’Aids

Il dott. Giorgio Barbaglia è responsabile tecnico di numerosi degli interventi promossi dal programma Dream.
«Faccio parte della Comunità di Sant’Egidio dal 1980, quando iniziai come volontario prestando aiuto ai bambini e gli anziani. Il nostro impegno in Africa è coinciso con l’invio degli aiuti umanitari che, come gruppo di cattolici laici, abbiamo raccolto e distribuito alle popolazioni del Mozambico vittime della guerra civile. Quell’esperienza e l’importante ruolo di mediazione svolto durante le trattative di pace resero la comunità – che non nasce come una ong e non esprime interessi di parte – un referente autorevole per le richieste di aiuto e mediazione nei conflitti provenienti dall’intero continente africano, connesse alla povertà, alle guerre, alla scarsità di acqua e cibo e alle malattie, tutte questioni tra loro collegate. La nostra attenzione si concentrò in particolare sulla diffusione dell’Aids: in alcune aree, infatti, la percentuale di persone sieropositive raggiungeva il 30% della popolazione complessiva e, oltre a tutti i problemi di ordine economico, politico e ambientale dei Paesi africani, costituiva un ulteriore fattore di criticità sanitaria e sociale. Con enormi difficoltà non solo finanziarie – in Africa come nel resto del mondo, le autorità ritenevano che fosse impossibile ottenere risultati rilevanti dal punto di vista clinico
– nel 2002 riuscimmo a impiantare un primo laboratorio di biologia molecolare e un primo centro di cura a Mapu- to, iniziando i trattamenti terapeutici».

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