Il Cittadino (Italia) – Appello della Comunità di Sant’Egidio: «Grandi risultati con la prevenzione»
L’Occidente ha debellato I’Aids, ma in Africa la strage continua
ROMA Se nei paesi occidentali non nascono quasi più bambini affetti dal virus dell’hiv, in Africa e nel sud del mondo la malattia continua a diffondersi, soprattutto tra i più piccoli. I bimbi morti nel 2005 a causa dell’hiv nel mondo sono stati 570 mi-la, di cui 480 mila in Africa. Una ci-fra pari a tre tsunami. Di tutti quelli che muoiono di aids, uno su sei è un bambino. A tracciare il quadro è stata la Comunità di Sant’Egidio durante la IV conferenza internazionale "Anche noi vogliamo vivere", svoltasi ieri mattina al Campidoglio a Roma, dove ha presentato i risulta-ti del suo progetto "Dream" per la lotta all’aids in sette paesi dell’Africa.
«Sono ben 2,3 milioni i bambini costretti a convivere con questa malattia – ha spiegato Maria Cristina Marazzi, della Comunità di Sant’Egidio – la maggior parte dei quali, due milioni, sono in Africa. Se l’Aids è da circa vent’anni un motivo di preoccupazione internazionale, lo stesso non si può dire del suo impatto sui più piccoli, visto che fino al settembre 2003 quasi il 40% dei paesi con un’epidemia generalizzata da hiv non aveva una politica nazionale per loro. Eppure ogni minuto un bambino viene contagiato dal virus, un bambino muore per malattie correlate all’aids e quattro ragazzi sotto i 15 anni diventano sieropositivi».
In questo scenario non è dunque strano che appena un bambino su 20, ha continuato Marazzi, «riceva qualche forma di trattamento pediatrico e che solo qualche migliaio usufruisca di trattamenti specifici per combattere l’hiv. Una situazione che diventa ancora più devastante in Africa, che rischia di perdere intere fasce di popolazione se non si interverrà in alcun modo».
Il programma "Dream", iniziato dalla Comunità di Sant’Egidio nel 2002 in Mozambico e poi allargatosi ad altri sei paesi dell’Africa Sub-sahariana (Malawi, Tanzania, Re-pubblica democratica del Congo, Angola, Nigeria, Guinea Bissau e Guinea Conakry), ha dato assistenza a 25 mila pazienti con test dell’hiv, trattato 20 mila persone siero-positive, di cui 1.300 bambini e dato la terapia antiretrovirale a 10 mila persone di cui 700 bambini. Altri otto stati africani sono interessati, come ha testimoniato la presenza di 15 ministri della sanità africani.
«Il risultato di questi sforzi – ha concluso Marazzi – è che questi piccoli pazienti vivono di più e meglio dei loro coetanei che non ricevono alcun trattamento, anche se persistono molte difficoltà, come la diagnosi al di sotto dei 18 mesi, la tipologia dei farmaci disponibili. la povertà delle famiglie, la carenza di servizi specifici per l’infanzia in Africa. la sostenibilità economica, e non ultimo il fatto che 1’80% dei bambini in cura con noi sono orfani. Per questo motivo abbiano messo a punto la terapia assistita a domicilio, che provvede alle necessità primarie, oltre all’iscrizione anagrafica e l’inserimento scolastico dei più grandi». Un progetto che rappresenta una scelta profonda, ha commentato il neo-ministro della Salute, Livia Turco, «di alleanza con l’Africa. L’Italia e l’Europa possono trasformare questa tragica pandemia in una collaborazione che può diventare un modello di cooperazione rispettosa, per costruire un destino comune in cui vengano rispettati i diritti fondamentali, primo fra tutti quello alle cure. Non bisogna rassegnarsi al pessimismo, perché l’Africa ha enormi potenzialità, ma invece dare risposte concrete, eliminando l’ingiustizia che vede l’accesso ai farmaci necessari a meno del 10% dei bambini africani, contro la totalità di quelli occidentali. Come ministro do il mio so