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Gli italiani in Malawi sconfiggono l’Aids e la fame
15
Giu
2008
15 - Giu - 2008



NEW YORK – Non soltanto Madonna. Se è vero, come scrive Anouk Zijlma sull’Africa Travel Blog che «è stata la material girl a mettere il Malawi sulla cartina geografica» con i suoi scandali per l’adozione di un bimbo malawiano, spetta a un gruppo di realtà italiane puntare al riscatto del poverissimo Stato africano. Dove l’aspettativa di vita è di 46 anni per i maschi, 47 per le femmine (come nell’Europa medioevale) e dei 12 milioni di abitanti, 2 milioni sono bimbi orfani. Project Malawi, il programma avviato nel 2005 da Intesa Sanpaolo e Fondazione Cariplo, in collaborazione con il Governo del Malawi, la Comunità di Sant’Egidio, Save the Children, il CISP (Comitato Italiano per lo Sviluppo dei Popoli) e i Gruppi Scoutistici locali, ha ricevuto il premio 2008 per la migliore iniziativa nella categoria «Community Philanthropy» da Global Business Coalition, l’organizzazione internazionale impegnata nella lotta contro l’Hiv/Aids, la tubercolosi e la malaria. «Nelle aree incluse nel pro-getto la mortalità da Aids e malnutrizione è passata dal 20% al 2%», ha dichiarato durante una conferenza stampa all’Istituto Italiano di Cultura di New York Mary Shawa, Capo dipartimento Hiv, Aids e Nutrizione del Governo del Malawi. «Oltre a curare l’Aids e ad assistere l’infanzia – ha detto – l’iniziativa ha promosso l’economia, l’educazione e la prevenzione».

Dietro il Project Malawi ispirato alla strategia Dream della Comunità di Sant’Egidio c’è da una parte la miglior tradizione del cattolicesimo militante, dall’altra la cosiddetta corporate social responsibility, il capitalismo dal volto umano. «L’impegno sociale è stato per noi una scelta naturale fin dall’inizio», spiega Corrado Passera, amministratore delegato di Intesa SanPaolo. «Fa parte integrante del nostro modo di pensare ed agire». Passera, cattolico praticante con una lunga storia di filantropia alle spalle, ha incontrato il segretario generale dell’Onu Ban Ki-Moon per discutere sulla necessità di rispondere in maniera ancora più incisiva alle tragedie che dilaniano il continente africano. «Il nostro impegno in Malawi è a lungo termine – assicura Passera -. Gli obiettivi del triennio 2005-2008 sono stati raggiunti e dopo gli iniziali 11 milioni di euro, stiamo per stanziarne altri 9. Estendendo il progetto dall’aerea pilota di Blantyre ad altre due zone del Paese: Lilongwe e Balaka». «Prima di iniziare molti ci avevano messo in guardia che il Malawi era senza speranza – puntualizza Passera -. La nostra sfida è stata rompere il circolo vizioso, realizzando l’irrealizzabile. Perché, come sostiene Nelson Mandela, tutto sembra impossibile, finché non lo si realizza».

Alessandra Farkas

 Corriere della Sera

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