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Ai bimbi non bastano solo pane e acqua
14
Ott
2010
14 - Ott - 2010



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Sant’ Egidio e Msf: va elevata la qualità degli aiuti da inviare

 

DA ROMA LUCA LIVERANI

« I bambini italiani non li nutriamo a pane e acqua. Per­ché allora i bambini del Niger dovrebbero crescere con le pappe di miglio?». Kostas Moschochoritis, direttore ge­nerale di Msf Italia, dice ba­sta agli aiuti alimentari a ba­se di sacchi di cereali. Alla vi­gilia della Giornata mondia­le dell’alimentazione, Medi­ci senza frontiere e Comunità di Sant’Egidio rilanciano la sfida: non basta riempire gli stomaci, bisogna nutrire. Da anni sono disponibili sul mercato confezioni di “Ready to use food”, porzio­ni monodose di un impasto proteico altamente nutritivo a base di arachidi, pronto al­l’uso, efficacissimo per cura­re i bambini denutriti. Ma i Paesi donatori continuano a inviare farine: cibo deperibi­le, che va cucinato o allun­gato con acqua spesso non potabile, privo delle sostan­ze necessarie a ridare forza e salute.

Commissione per i diritti u­mani del Senato, Msf e Sant’Egidio lanciano da Pa­lazzo Madama l’appello: an­che senza aumentare gli stanziamenti, i governi de­vono indirizzare diversa­mente la spesa per aiuti di qualità. Oggi più di 195 mi­lioni di bambini sotto i 5 an­ni soffrono di malnutrizione, il 90 per cento in Africa sub­sahariana e Asia del Sud. Più di 20 milioni soffrono della forma mortale, che contri­buisce a uccidere un terzo degli 8 milioni di bambini che muoiono ogni anno sot­to i 5 anni. «In Africa c’è un le­game inscindibile tra mal­nutrizione e Aids», spiega Paola Germano, coordinatri­ce per Sant’Egidio del pro­getto Dream che da dieci an­ni assiste in dieci Paesi afri­cani le donne sieropositive in gravidanza.

«L’Aids – spiega – diminuisce la forza lavoro, riduce la pro­duzione agricola, le famiglie si indebitano per le cure, le bambine devono lasciare la scuola». I farmaci antiretro­virali durante la gestazione evitano il contagio dei neo­nati: «Finora ne sono nati più di 12 mila sani». Altrettanto importanti i programmi di a­limentazione portati avanti dalla Comunità, che segue 88mila pazienti in 3 1 centri clinici. Il latte materno – am­messo che la mamma man­gi – basta per i primi sei me­si. Poi servono proteine di qualità, grassi essenziali, car­boidrati. Per i bambini occi­dentali c’è lo svezzamento a base di raffinate pappine. Per quelli del Sud del mondo – se va bene – una ciotola di mi­glio.

Ma nei primi due anni di vita una dieta inadatta com­promette lo sviluppo dell’a­dulto. «E i cereali attualmen­te distribuiti come aiuti, pur arricchiti con sali minerali e vitamine, non rispettano lo standard minimo», denun­cia Msf. Arretratezza culturale? «Si­curamente – dice Gianfran­co De Maio, medical advisor di Msf Italia – visto che gli aiuti sono ancora quelli del­l’Etiopia dei tempi del “Live Aid” dell’85. Ma c’è anche convenienza economica: la sovraproduzione cerealicola degli Usa finisce lì. I cibi pro­teici pronti all’uso si conser­vano a lungo, mentre le fari­ne si deteriorano. Ai governi non chiediamo soldi per noi. Non chiediamo più stanzia­menti. Chiediamo che spen­dano come si deve».

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