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Speciale Africa
01
Feb
2012
01 - Feb - 2012



Un numero speciale che viene dal cuore di chi l’ Africa l’ha vista con i propri occhi o sogna un giorno di vederla. Una terra di tradizioni e contraddizioni, di povertà esteriore e di ricchezza interiore, di rispetto per la vita e di enorme dignità. Un luogo in cui sperare equivale a vivere, un continente in cui un sorriso è sempre ricambiato con un sorriso. Un’ esperienza che segna per sempre con i colori, gli odori e le storie di chi si incontra. Una terra che lascia in chi la visita il famoso "mal d’ Africa" e che rende impossibile non parlarne a tutti.

Un sogno che si avvera

Dal mio ultimo viaggio in Malawi c’è un pensiero fisso che mi perseguita: spiegare alle persone intorno a me alcune sensazioni riguardo l’ Africa che, probabilmente, solo chi le prova sulla propria pelle può davvero comprendere. Come nei finali di alcune belle pellicole vorrei essere una voce fuori campo che parla nelle scuole, negli uffici e nelle strade per raccontare che in Africa i bambini sono tutti fratelli, che i piatti comuni e l’ acqua sporca sono il cibo quotidiano e che le scarpe non sono di marca, ma sono comunque rare e di certo non sono al primo posto tra le necessità quotidiane.
Oltre la fratellanza, la condivisione e il rispetto c’è la speranza, che anche qui richiama il colore verde presente in molte delle bandiere nazionali: la speranza di essere utili al proprio paese, magari diventando dottori, non luminari. Ma la cosa che più si percepisce è che anche qui, nella parte più a sud del mondo, si sogna. DREAM, come quel bel sogno che ci ricordiamo al mattino. DREAM come acronimo di Drug Resource Enhancement against AIDS and Malnutrition. DREAM come il programma avviato nel febbraio 2002 dalla Comunità di Sant’Egidio per curare l’AIDS in Africa e che oggi è presente in Mozambico, Malawi, Tanzania, Kenya, Repubblica di Guinea, Guinea Bissau, Nigeria, Angola, Repubblica Democratica del Congo, e Camerun. "Basta con l’ Afropessimismo" afferma la Comunità di Sant’ Egidio e, DREAM è proprio un atteggiamento differente nei confronti dell’ Africa, un respiro di fiducia a pieni polmoni, un bagliore di speranza in un continente che stava smettendo di credere nella possibilità di risalita. Cosi, proprio dalla volontà di mettere in pratica il diritto alle cure per tutti, indipendentemente da dove si è nati, nasce l’ ambizioso progetto. II programma è figlio di un sogno da cui prende il nome: il sogno di far nascere i figli dell’ Africa senza la piaga della sieropositività, il desiderio di avvicinare nella terapia contro I’ HIV il Nord e il Sud del Mondo, contrastando l’AIDS che nel continente africano negli ultimi decenni è dilagata come un fiume in piena.
II progetto DREAM ha un’altra caratteristica fondamentale: è gratuito per i pazienti ma, sono necessari sostegni economici attraverso la beneficienza per acquistare i medicinali. È necessario che le prestazioni sanitarie offerte, dalla diagnostica all’integrazione alimentare, dalla terapia fino all’educazione siano offerte in totale gratuità. Come è pensabile chiedere denaro per le medicine a chi non ha neanche i soldi per comprare dell’ acqua o del pane per sé stesso e per la propria famiglia? Come potrebbe fare una bambino malato, perdi più orfano a permettersi le cure? Per lungo tempo in Africa si è applicato un modello di intervento contro l’infezione da HIV quasi esclusivamente preventivo. La sola prevenzione, purtroppo, non ha funzionato. Lo dimostra la progressione dell’epidemia nel continente. Prevenire resta comunque un tassello fondamentale in realtà, ma non è, né può essere, sufficiente. DREAM è noto per l’ eccellenza delle cure, per la prontezza della diagnostica e perla chiarezza nelle informazioni. DREAM propone un intervento sul modello occidentale: l’ idea è quella di far nascere dei bambini sani da donne sieropositive. II bambino può essere contagiato durante tutta la gravidanza ma prevalentemente al momento del parto e con l’allattamento al seno. Grazie all’introduzione della terapia antiretrovirale in gravidanza, alla possibilità di effettuare il parto cesareo e all’allattamento artificiale, la percentuale di bambini che contraggono l’infezione dalla madre si è drasticamente ridotta: proprio con la somministrazione dei farmaci antiretrovirali si riesce a fare in modo che al momento del parto il bambino non venga a contatto con la malattia.
La prima volta che sentii parlare del progetto DREAM fu da mia zia che lavora attivamente con la Comunità di Sant’ Egidio. Ciò che però si vede con i propri occhi lascia un segno indelebile.
Ricordo perfettamente quella giornata. Era il 30 aprile 2007 e la mia esperienza nel continente africano volgeva al termine. La giornata era calda e le nuvole facevano la loro apparizione. Eravamo davvero provati dalle tante emozioni forti e strazianti che avevamo provato durante quegli incontri che nella vita difficilmente si pensa di poter fare: orfanotrofi stracolmi di bambini, campi rifugiati con condizioni di vita disumane, ospedali di lebbrosi collocati in territori in cui una qualunque divinità sembrava essersi dimenticata di mettere mano.
Pensare di visitare un centro per malati di AIDS preoccupava tutti noi. Quello che ricordo è che la jeep si fermò appena fuori Blantyre. Ricordo una pioggia inattesa e una lunga passeggiata a piedi nella foresta sino a scorgere un edificio bianco. Non siamo mai entrati dentro la clinica ma ciò che ci accolse fuori fu senza dubbio un raggio di speranza desiderato. Gli operatori "del centro Dream a Blantyre ci hanno ricevuto come gli ospiti più graditi, spettatori di un miracolo enorme. Racchiuso in un vestitino di un azzurro intenso che contrastava con la pelle nera fece capolino la testa di Sandro, piccolo africano nato sano da una madre sieropositiva. Il primo bambino nato sano di tutto il Malawi. Un piccolo dono del cielo che ci fece pensare che forse qualunque Dio esista non si è dimenticato di questo angolo di contraddizioni. Cosi, vorrei tornare ad essere quella voce fuori campo che racconta di uomini, donne e bambini nati in una terra piena di antitesi e di povertà, un luogo in cui un sorriso è I’ arma per affrontare la vita, dove non esistono creme di bellezza perché nella maggior parte dei casi non servono, dove la pioggia viene accolta come simbolo di fortuna e all’ ospite che la porta si offrono le cose migliori. Sono quella voce senza un volto, che parla di un sogno, un sogno realizzabile, un sogno che grazie allo sforzo di molti non finisce quando suona la sveglia ma che anzi al mattino prende vita diventando finalmente realtà.

ANTONIO AMADEI
 

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