DREAM: protezione per la popolazione vulnerabile di Beira, l’intervista a Moisés Balamala Mandiquice
Abbiamo intervistato Moisés Balamala Mandiquice, tecnico di medicina generale e coordinatore provinciale del Programma DREAM della Comunità di Sant’Egidio.
Moisés collabora al progetto DREAM: protezione per la popolazione vulnerabile di Beira – sostenuto con i fondi Otto per Mille dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai.
Il progetto risponde al bisogno della popolazione più fragile della città di Beira che, a causa di diversi eventi climatici, ha visto ridursi ancora di più la possibilità di avere accesso a servizi sanitari, specialmente tra donne in gravidanza, orfani e persone con HIV.
In servizio sanitario già insufficiente a causa della mancanza strutturale di tecnologie e competenze è stato ulteriormente danneggiato nel 2019 dal Ciclone IDAI e, dopo gli aiuti dei primi mesi e la grande solidarietà internazionale, la ricostruzione va a rilento. Oltre a questa già complessa situazione, la realtà africana a fronte della pandemia da COVID-19 sta precipitando a causa di un’accelerazione della malattia mai vista prima nel continente.
Il progetto ha, tra gli altri obiettivi, anche quello di “Assicurare benessere e salute a tutti e tutte in Mozambico”.
Grazie a questo progetto si sta avendo un impatto positivo sulla riduzione della mortalità dovuta ad HIV e una riduzione della trasmissione del virus in particolare tra i più vulnerabili, colpito da emergenze umanitarie e dall’epidemia da COVID19.
Tra le tante attività previste c’è anche quella della clinica mobile, dove un team composto da infermieri, medici, farmacisti, tecnici di medicina e autisti si reca nelle località remote di Mutua, Nhamatanda, Buzi e Chibabava.
Durante questi interventi il personale sanitario svolge attività di testing, counseling, screening per HIV e malattie correlate, sensibilizzazione, educazione igienico-sanitaria, distribuzione di farmaci. In questo contesto abbiamo posto alcune domande a Moisés Balamala Mandiquice, tecnico di medicina generale che fa parte del team della clinica mobile:
- Essendo questo il secondo ciclo di brigate cliniche mobili nei distretti di Sofala, quali sono le richieste che incontrate?
Troviamo una popolazione in condizioni abitative e sanitarie molto difficili e precarie. C’è un’effettiva mancanza di personale clinico qualificato per assistere le diverse patologie delle persone in questi centri. Purtroppo è presente un alto indice di malaria e la popolazione non si è ancora adattata economicamente, è senza supporto dei beni di prima necessità.
- Quanto è importante questa attività per la popolazione sfollata di Beira?
Questa attività è molto importante perché dà la possibilità agli abitanti di avere accesso alla consultazione medica e alla medicina differenziata.
In queste zone è molto difficile avere dei consigli appropriati per la cura della salute.
- Pensa che sia necessario tenere regolarmente queste brigate mobili così da dare la possibilità a tante persone che vivono in condizioni precarie di poter sostenere una visita medica?
Sì, è estremamente importante fornire supporto medico e morale, migliorare l’autostima e la speranza della popolazione oltre ad alleviare il peso del distretto per quanto riguarda la sfida di fornire assistenza medica alla popolazione insediata.
- Quali attività si svolgono esattamente durante il lavoro della Clinica mobile?
Noi solitamente svolgiamo consultazioni per gli adulti e per i bambini, disponiamo di fornitura di farmaci e aiutiamo dando consigli su come curarsi.
- Come è costituita una brigata della clinica mobile? Di quanto personale dispone? Quali risorse si debbano avere?
Il personale fondamentale per la nostra clinica mobile è: un Medico, un Tecnico di Medicina, un Tecnico di Farmacia, un infermiere e l’autista. Le risorse fondamentali sono avere un’automobile, disporre delle medicine, di gel alcolico, di maschere stetoscopio, di guanti e avere la logistica per il personale.