Emergenza ambientale: dal meeting di Sant’Egidio a Roma dati e vie di soluzione: “I giovani africani all’avanguardia”
Le necessità umanitarie del mondo in aumento, 300 milioni di persone hanno bisogno di assistenza, 200 milioni di persone soffrono la fame. Inondazioni in Pakistan, 1 milione di case perse, un terzo del paese devastato.
Discorso simile per le inondazioni in Somalia. Michael A. Kohler (Commissione Europea) disegna a Roma, al convegno di Sant’Egidio ‘Il grido della pace‘, un quadro realistico degli effetti della crisi climatica. Ma non si tratta di fare ragionamenti che cedano all’apocalittica. Perchè ad esempio non trasformare la crisi ambientale in una ripresa? Sono nate tante start-up in Africa per il riciclo della plastica e per lo sfruttamento dell’energia in chiave sociale. “I giovani africani possono essere una avanguardia di resilienza ambientale”, avverte Kpakilé Felemou (Sant’Egidio).
“L’emergenza ambientale in Africa – spiega – crea una emergenza sociale. C’è un legame evidente tra sfruttamento abusivo della terra e povertà. Dobbiamo riparare sia l’ambiente sia il tessuto sociale della società. La mancanza di terreni coltivabili ha portato tanti a vivere, senza nulla, nelle periferie. La rottura dell’ecosistema porta all’arrivo di malattie come Ebola”. Si può investire nell’istruzione e nella scolarizzazione come educazione alla pace ed alla coscienza ecologica.
“Il grido della terra e quello dei poveri sono un unico grido – spiega Juan Grabois, fondatore della Confederazione dei lavoratori dell’economia popolare (Ctep) in Argentina – I beni comuni e le materie prime, dono di Dio, sono nelle mani delle multinazionali, e chi contesta questo viene accusato di terrorismo. Abbiamo creato centri docce per chi vive per strada, aiutiamo i poveri coi centri antidroga, aiutiamo i carcerati a reinserirsi nella società. Le nostre lotte sociali hanno portato a grandi conquiste”.
Gillian Kingston (Consiglio metodista mondiale) utilizza un’immagine efficace: “I poveri sono i più danneggiati dalla crisi climatica. Siamo tutti sullo stesso mare ma alcuni hanno barche solide, altri zattere di fortuna”.