HomeDREAMEpilessia in Africa: formazione nei centri del Programma DREAM in Malawi e Mozambico
18
Mar
2024
18 - Mar - 2024


L’epilessia è raddoppiata negli ultimi 20 anni in Africa, diventando un fenomeno tanto diffuso quanto nascosto. In Mozambico e in Malawi il 2% della popolazione ne soffre, con oltre 600mila e 400mila malati. Si tratta, però, di numeri decisamente sottostimati: nelle aree rurali – dove si concentra oltre il 60% della popolazione mozambicana e l’80% di quella malawiana – il numero dei malati raddoppia, superando il 4%. Inoltre, oltre l’80-90% degli abitanti non ha accesso alle cure ed è costretto a vivere nell’ombra. Il #ProgrammaDREAM ha deciso di operare in queste aree, offrendo all’interno dei propri centri cure per malattie non trasmissibili come l’epilessia, nonché percorsi di formazione altamente innovativi rivolti al personale sanitario che spesso, data la grave carenza di medici, non è adeguatamente formato. I neurologi e gli specialisti che curano l’epilessia sono pochissimi in Africa, uno ogni 2.7 milioni di abitanti.


La diagnosi di epilessia si fonda sulla descrizione delle crisi, richiede una buona conoscenza della malattia, una pratica clinica approfondita accompagnata dall’attenta verifica degli specialisti. La formazione è essenziale anche per inviare quesiti clinici chiari agli specialisti in Italia: in questo modo si valorizza la telemedicina, creando un linguaggio comune tra clinici locali, quasi sempre non laureati, e specialisti in Italia.

Quest’ultima rappresenta una sfida nella sfida che richiede tempo e formazione specifica.

In queste settimane è proseguita la formazione sull’epilessia nei centri DREAM in Malawi e Mozambico. Sono oltre 2.000 i malati di epilessia che DREAM segue in Africa, la maggior parte giovani. La formazione del personale si è svolta su vari livelli: un primo livello per i clinici nuovi, un secondo livello per clinici che già da tempo seguono malati con epilessia e un terzo livello per operatori dedicati all’esecuzione degli elettroencefalogrammi. La prima settimana di formazione si è svolta in Malawi, a Blantyre, la seconda e la terza in Mozambico, a Beira, Manga e Mangunde, la quarta in Malawi nei sei centri DREAM dove vengono curati malati con epilessia.

In questi giorni abbiamo capito tanto, diamo cure ma anche dignità ai malati di epilessia. La formazione ricevuta e il lavoro fianco a fianco visitando assieme i malati ci ha aperto gli occhi e oggi abbiamo un modo nuovo di vedere questi malati. Prima vedevo questi malati con occhi superficiali, gli facevo poche domande di rito, non entravo nelle loro vite. I loro corpi li vediamo, raccontano delle loro vite: sono pieni di cicatrici per le cadute durante le crisi epilettiche, per le ustioni”. Ha detto Josè Zacarias, il clinico responsabile a Mangunde, durante una riunione con tutto il personale. “Ma ci sono anche le cicatrici che non vediamo, profonde: bambini non accettati a scuola e spesso neanche in famiglia, mariti che rifiutano le mogli perché malate, lasciate sole senza risorse e coi figli. Malati isolati dal resto della comunità. Ma ora abbiamo occhi e parole che prima non avevamo”. Ha aggiunto poi Zacarias: “Dobbiamo essere più vicini a questi malati; molti di loro non riescono a vedere un futuro, è terribile. Cure e dignità. Abbiamo una nuova responsabilità, io mi impegno e prendo questa nuova responsabilità. Grazie per quello che in questi giorni ho ricevuto, che tutti abbiamo ricevuto”.

 

STORIE DA MANGUNDE

Nella missione di Mangunde da molti anni opera un centro DREAM. Si trova in un’area rurale del paese, molto povera, la città più vicina è Beira, la strada che la collega è quasi tutta sterrata. Molti pazienti vi giungono da molto lontano e sono costretti a percorrere diversi chilometri a piedi nel bush, incamminandosi per il centro già dal giorno prima.

Non di rado accade che alcuni pazienti con epilessia hanno crisi lungo il cammino, evento drammatico che ci raccontano con rassegnata normalità. Il personale sanitario del posto incontrava questi malati “a mani nude” senza sapere bene che fare, che diagnosi porre, senza cure adeguate, senza sapere bene cosa dire loro. Non basta infatti prescrivere le medicine: si tratta di malati prigionieri della loro condizione fin dall’infanzia, isolati, esclusi, temuti, denigrati, abusati.

Alcune storie e testimonianze ci aiutano a comprendere meglio il vissuto dei pazienti.

  •  A. ha 21 anni e ha iniziato ad avere epilessia sin da bambino, non è stato accettato a scuola, non ha lavoro, né moglie, né figli. Durante la visita non parla molto, è il fratello più piccolo che ne racconta la storia. Gli chiediamo cosa pensa della sua situazione, risponde che per lui non c’è futuro, è spento, rassegnato. Gli parliamo, spieghiamo della malattia e delle cure, che la sua malattia non è causata da sortilegi, il c.d. spirito mau, ma può essere curato, avere una vita liberata dalle crisi, come quella dei suoi coetanei. Parole che ridanno luce ai suoi occhi, è speranza.
  •  V. ha 23 anni, ha saputo che ci sarebbe stato uno specialista che poteva curare la sua epilessia ed è venuto a DREAM, nonostante abiti a  70 km. Alla fine della visita è sollevato ma preoccupato: il trasporto per venire al centro gli costa 800 MT, 12 euro, una cifra enorme specie per un disoccupato come lui. Con questi costi non può permettersi le visite di controllo necessarie. Ma non si perde d’animo, si arma di penna e quaderno e prende appunti sulle spiegazioni che gli diamo, su come va gestita la cura e la sua epilessia: è attentissimo, preciso nel trascrivere. Tra una visita e l’altra ci accordiamo di controllare il decorso tramite telefonate. Poi col tempo se tutto procederà bene, le visite in presenza si potranno ulteriormente distanziare.
  •  F. ha 11 anni, abita a oltre 100 km, i genitori hanno saputo che c’era uno specialista neurologo a DREAM e non si sono lasciati sfuggire l’occasione ma non avendo soldi per il trasporto, lo affidano ad un vicino che lo accompagna alla visita. I malati di epilessia spesso non ricordano le varie fasi della crisi, è importante il racconto di chi vi assiste. Chiamiamo i genitori al telefono: sono precisi, rispondono a tutte le nostre domande. Grazie a loro ricostruiamo la lunga, complessa e travagliata storia del bambino, e a individuare la cura più adatta.

Sono tanti i bambini che giungono al centro di Mangunde, spesso con storia di malaria cerebrale: lo si intuisce vedendo il loro braccino paralizzato e più corto da un lato che accompagna le loro storie di epilessia. Alcuni bambini hanno la malaria cronica, con accessi febbrili ricorrenti che puntualmente provocano crisi epilettiche. Per una di loro, M. di 4 anni, si attiva il consulto tra il neurologo sul posto e l’infettivologo a distanza. DREAM è speranza per tanti bambini e malati che non ce l’hanno.

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